Il Piano di azioni positive (“P.A.P.”) dell’Università di Genova: un documento ambizioso

Il Piano di azioni positive (“P.A.P.”) dell’Università di Genova: un documento ambizioso

Nella seduta dello scorso fine febbraio il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Genova ha adottato il “Piano di azioni positive” (d’ora in poi “P.A.P.”) per il triennio accademico 2013-2016, nella versione elaborata e proposta dal Comitato per le Pari Opportunità e dal Comitato Unico di Garanzia dell’Ateneo. Si tratta di un documento ambizioso – sono ben ventuno le azioni che il nostro Ateneo si è impegnato a portare avanti entro la fine del prossimo anno accademico - che non vuole costituire il mero adempimento di un obbligo legale, ma nasce dalla consapevolezza del ruolo cruciale che l’Università di Genova, come istituzione pubblica deputata alla formazione e alla ricerca, può e deve svolgere nella promozione dei diritti fondamentali delle persone, a cominciare dal suo interno.


Solitamente, nel linguaggio tecnico, si parla di “azioni positive” per riferirsi a interventi, di natura temporanea, volti a favorire persone che versano in condizioni di particolare svantaggio; in questo come in altri analoghi documenti programmatori trovano tuttavia spazio anche azioni di carattere più generale, come ad esempio le azioni di monitoraggio che, finalizzate ad acquisire elementi di conoscenza sui bisogni espressi dal contesto locale, consentono una valutazione ex ante ed ex post delle azioni positive in senso tecnico.


In linea di continuità con il passato, il P.A.P. mira non solo a tutelare le pari opportunità tra donne e uomini ma altresì a prevenire e rimuovere situazioni discriminatorie legate ad altri o ulteriori fattori rispetto al genere, come le disabilità o l’orientamento sessuale. L’elemento di novità è che tra i destinatari del Piano, oltre al personale (docente e T.A.B.S.) dell’Università di Genova, questa volta c’è anche la componente studentesca, magari quella meno visibile, come nel caso dell’azione sul c.d. doppio tesserino universitario, grazie alla quale le studentesse e gli studenti in transizione di genere potranno ottenere, ai soli fini universitari e prima dell’eventuale sentenza di rettificazione del sesso, il rilascio di un tesserino da cui risulti il nome di elezione corrispondente alla propria identità di genere.


Il Piano si articola in quattro linee di intervento (analisi del contesto; informazione e sensibilizzazione culturale; formazione e didattica; welfare), nell’ambito delle quali sono previste, si diceva, ventuno azioni. Alcune di queste sono state già fruttuosamente intraprese in passato, peraltro a costo “zero”, o meglio senza oneri aggiuntivi per il bilancio d’ateneo, visto che, per definizione, la realizzazione di qualsiasi azione “positiva” ha un costo, se non altro in termini di investimento di risorse umane. Mi riferisco, ad esempio, alle convenzioni stipulate dall’ateneo con asili nido accreditati sul territorio o alle varie attività formative o di sensibilizzazione culturale in materia di pari opportunità avviate in questi ultimi anni.


Per lo più, però, il P.A.P. contiene azioni innovative che si ispirano a buone prassi sperimentate in altre Università italiane: è il caso, tra le altre, della “Carta dei servizi per il personale con disabilità”, da redigere sulla falsariga di quella già prevista per la componente studentesca, o del c.d. “Bilancio di genere”, uno strumento utile a fotografare e rimuovere eventuali asimmetrie tra uomini e donne nell’accesso ai corsi di studio, agli organi collegiali, alle carriere o ai ruoli apicali della docenza o dell’amministrazione del nostro Ateneo. Tra gli interventi innovativi, si segnalano inoltre, in apertura al documento, le tre azioni che richiederanno, per la loro realizzazione, interventi anche di natura finanziaria. Si tratta, in particolare, dell’azione destinata alla “istituzione di un fondo a sostegno della genitorialità” e rivolta a categorie (come i dottorandi o gli assegnisti di ricerca) escluse dalla cerchia dei beneficiari dei contributi previsti dalla vigente normativa interna in materia di sussidi; di quella relativa al “conferimento di incarico al Consulente di fiducia d’Ateneo”, una figura professionale “esterna” dotata di specifiche competenze, a cui qualsiasi componente della comunità universitaria potrà rivolgersi per la gestione e risoluzione di eventuali casi di molestie e mobbing; infine, della azione in tema di “accessibilità e inclusione lavorativa”, forse la più ambiziosa, che prevede la realizzazione di interventi mirati, come l’abbattimento di barriere sensoriali e architettoniche e l’acquisto di ausili, sulla base di una previa mappatura dei bisogni del personale con disabilità.


Ora che il P.A.P. è stato formalmente approvato, si apre la fase più delicata e complessa, legata alla sua implementazione: una fase che richiederà notevoli sforzi e impegno da parte dell’intera comunità universitaria, a partire dai suoi vertici.


Il testo integrale del Piano di azioni positive dell’Università di Genova per il triennio accademico 2013-2016 è scaricabile all’indirizzo: http://www.cpo.unige.it/attivita/PAP_2013-2016.pdf

Isabel Fanlo Cortés
Presidente del Comitato per le Pari Opportunità
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